Paolo VI, promulgando nel Motu proprio"Mysterii Paschalis" le norme generali riguardanti l'ordinamento dell'anno liturgico, affermava che "la celebrazione del mistero pasquale, secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II,costituisce il momento privilegiato del culto cristiano nel suo sviluppo quotidiano, settimanale e annuale". Questa centralità, posta in luce nel magistero conciliare e post-conciliare, orienta la comunità cristiana a non considerare il mistero pasquale come una realtà oggetto di libera devozione da parte dei fedeli, come una semplice festa nel corso dell'anno liturgico. Se ci accostassimo al Triduo pasquale con simile atteggiamento pietistico o folkloristico, potremmo cadere in un profondo soggettivismo o in una superficiale emotività, rischiamo una situazione che devierebbe la crescita spirituale autentica della scelta battesimale dal fulcro del messaggio evangelico. Il mistero pasquale costituisce il fondamento della identità propria della vita cristiana, la quale scaturisce essenzialmente dal kerigma apostolico, e ci costruisce nella partecipazione alla divina liturgia, durante la quale ci ritroviamo con Cristo per rivivere il suo mistero di morte, sepoltura e risurrezione, e per camminare nella novità della vita che il Padre ci offre e lo Spirito anima ed edifica.
La celebrazione annuale del mistero pasquale avviene nel Triduo sacro, in cui la Chiesa celebra la pasqua del Cristo insieme con il digiuno e il lutto del Venerdì e Sabato Santo e con la gioia dell'Eucaristia festeggiata nella notte pasquale : il digiuno è opposto alla gioia e nello stesso tempo la prepara, forma con essa un blocco solo; la celebrazione di Pasqua in tre giorni è passaggio dalla penitenza alla gioia, dal lutto alla vita, in un canto alla fedeltà divina che non delude mai. L'anima delle tre giornate percorsa dalla presenza del Padre che porta il Figlio a vivere d'amore per il Padre stesso e per l'umanità, con la conseguenza che lo stesso Padre accoglie l'oblazione amorosa del Figlio nella risurrezione per dare alla luce un mondo nuovo.
La centralità del kerigma pasquale
Il cammino catecumenale della quaresima, in quanto partecipazione alla dinamica della sacramentalità del Triduo sacro e dei sacramenti in esso operanti, ha aiutato la comunità a predisporsi ad entrare in modo effettivo e fecondo nella Pasqua del Signore, per poi poter godere il processo mistagogico del tempo pentecostale. Il kerigma pasquale, che è il significato del Triduo, ha animato tutto il processo di conversione dei quaranta giorni e ha preparato a tale grande evento , anche mediante le "consegne" del Vangelo, del Simbolo e del Padre Nostro. Attraverso l'assimilazione del Vangelo, che si ritraduce nella proclamazione della fede e anima il senso autentico della preghiera evangelica,i fedeli sono stati posti nella condizione ottimale per poter accedere in verità al clima celebrativo del mistero pasquale ( cfr Rm 14,7-9; 2 Cor 4,10-11;Fil 1,21;3,10; Con 3,3; 1 Pt 4,13-14).
Per orientare la nostra contemplazione all'essenzialità del mistero attraverso la densità dei linguaggi sacramentali, si rivela indispensabile creare un processo di liberazione-purificazione rituale per coglierne la profondità del dono. Solo il volto del Cristo deve attirarci queste celebrazioni così che, trasfigurati in lui, a conclusione dei riti pasquali ci sentiamo luminosi della luminosità del Cristo. Evitando tendenze ritualistiche o folkloriche, i fedeli vengono guidati dallo Spirito a celebrare in questo breve tratto di tempo il centro di tutta la storia della salvezza e a interiorizzare il kerigma fondamentale della Chiesa apostolica.
Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa e quindi ai Dodici (1 Cor 15,15,3-5)
Attraverso la contemplazione liturgica comunitaria e personale, il Cristo pasquale ci accompagna a riconoscere la nostra identità di uomini in lui morti, sepolti, risorti ( cfr Rm 6,3-11) e a percepire la novità che in noi aumenta inesauribilmente in forza della immedesimazione con il Signore (cfr Col 2,9-14;3,1-4).
Il Triduo sacro costituisce uno dei momenti più pregnanti per un vero cammino spirituale, in cui, nello spazio dello Spirito che opera in noi e tra noi, Cristo sacramentalmente cresce nelle nostre vicende umane e ci rende un inno di gloria al Padre.
Alla luce della centralità profetica dell'eucaristia del giovedì santo, il triduo sacro e la domenica di risurrezione corrispondono al kerigma paolino. Sussiste una stretta relazione tra la professione di fede, la celebrazione del Triduo e il riflesso nella costruzione del feriale alla luce della risurrezione. Schematicamente potremmo così sottolineare
- Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture : nel venerdì la comunità si sente immersa nella interiorità oblativa di Gesù ;
- fu sepolto: in questo giorno di silenzio assoluto i fedeli si sentono introdotti nella sepoltura di Gesù che attira a sé l'intera umanità per poi collocarla nella luce della gloria del Padre;
- è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture: siamo nella luminosità della fedeltà del Padre che ci fa risorge con il Cristo nella luminosità della gloria;
- e apparve a Cefa e quindi ai Dodici : ci ritroviamo nell'esuberanza dell'alleluia che avvolge la comunità dei discepoli all'inizio del tempo pasquale, poiché veramente il Risorto è in mezzo ai suoi.
Seguendo questa lettura nella sua globalità di significato, noi tutti possiamo metterci in un profondo atteggiamento contemplativo, e così siamo nella condizione ottimale di accogliere nello Spirito la personalità di Gesù facendola nostra. Alunni della successione rituale ed esistenziale del Triduo, sullo sfondo della comunione teologale con il Maestro, riviviamo i tre momenti centrali della storia della salvezza e della redenzione, e, nella forza illuminante dello Spirito, siamo guidati a"vedere" il Risorto fonte di gioia, sorgente di novità di vita e pregustazione della pienezza della comunione con lui nella Gerusalemme celeste.
Come battezzati dovremmo sentirci ripieni d'esultanza in queste celebrazioni, perché avvertiamo teologalmente in modo più chiaro quanto sia grande il Dio della rivelazione nella nostra storia personale, mentre ci introduce nel destino di Gesù e ci aiuta a cogliere tutta la densità della nostra esistenza credente.
Il significato del Triduo pasquale.
Nelle norme generali sull'anno liturgico e il calendario, così viene presentato il Triduo sacro.
Il Triduo della Passione e della Risurrezione del Signore risplende al vertice dell'anno liturgico, poiché l'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale, col quale, morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vita.(n.18)
Mentre ascoltiamo questa presentazione e ci prepariamo ad accoglierla e a viverla celebrativamente, è indispensabile una premessa all'interpretazione del dinamismo insito nel Triduo sacro per essere aiutati a vivere nello Spirito questi ineffabili Misteri della vita della chiesa. Una chiarezza a tale proposito ci aiuta a camminare nel mistero pasquale alla scuola dei linguaggi della celebrazione liturgica con un più profondo senso di unità.
Nella prospettiva liturgico-giuridica ci troviamo di fronte ad una visione molto ampia del Triduo sacro. " Il Triduo pasquale della Passione e della Risurrezione del Signore , ha il suo inizio dalla Messa nella Cena del Signore, ha il suo fulcro nella Veglia Pasquale e termina con i Vespri della domenica di Risurrezione "(n.19). Una simile lettura potrebbe ingenerare un'esperienza del Triduo come un succedersi monotono e standardizzato di riti e di eventi salvifici, non ponendo in luce il dinamismo proprio di questo evento centrale dell'intero anno liturgico.
In un orientamento di teologia liturgica scaturisce una lettura diversa, ma esistenzialmente più profonda. La centralità del Triduo sacro è costituita dalla celebrazione del Venerdì-Sabato-Veglia pasquale, durante la quale la comunità cristiana rivive in tutta verità il kerigma pasquale ( cfr 1 Cor 15,3-4) e rinverdisce la propria vocazione battesimale ( cfr Rm 6,3-11). In una simile ottica i fedeli possono comprendere la successione dei diversi momenti rituali in modo evangelicamente autentico,non come una semplice preparazione alla solennità della domenica di pasqua di Risurrezione, ma come lo stesso mistero pasquale del Cristo crocifisso, sepolto e risorto, mistero offerto , celebrato, vissuto e poi testimoniato.
Nella successione dei tre momenti sacramentali, allo sguardo dell'assemblea liturgica, si apre la contemplazione del mistero del sofferente e luminoso volto del Cristo, che unifica tutto l'itinerario esistenziale e liturgico. Il Triduo pasqua è un mistero globale nel quale appare l'indissolubilità e l'unità del suo dinamismo: il sì del tempo all'eternità nella morte di Gesù e il sì dell'eternità al tempo nella risurrezione di Gesù. In esso si evidenzia il mistero di Gesù che lascia il mondo e torna al Padre, e traspare la sintesi della storia della salvezza( cfr Gv 16,28). La Pasqua del Signore è un cammino di umiliazione e di esaltazione nel coraggioso compimento della volontà del Padre. Nella celebrazione del Triduo affiora il desiderio della comunità ecclesiale di condividere l'esistenza pasquale di Gesù.Noi tutti siamo presi per mano dal Risorto, con lui entriamo nel suo mistero di amore e doniamo vitalità alla nostra vocazione teologale d'essere sue icone viventi. In una simile ottica, la Pasqua diventa per l'assemblea liturgica la scuola per la comprensione esistenziale del mistero della vita che scaturisce dalla morte del peccato alla vitalità luminosa della risurrezione per chiunque, nella fede, si senta intimamente coinvolto nel destino del Cristo.
Questa luce ci permette di intuire la grandezza della celebrazione della Cena del Signore.
La celebrazione eucaristica del Giovedì Santo costituisce il momento "profetico" e " simbolico" in cui la comunità cristiana rivive anticipatamente e in modo sacramentale tutto il dinamismo del Triduo. Come Gesù pone il segno profetico della sua pasqua nell'ultimo banchetto con i suoi discepoli, così la comunità cristiana si ritrova attorno alla convivialità eucaristica per vivere nella speranza il mistero della morte-sepoltura e pregustare l'esultanza pasquale della Veglia. Lo stesso fatto che il canto del Gloria in excelsis Deo risuoni la sera del Giovedì Santo e venga ripreso nella Veglia pasquale sottolinea come nella celebrazione eucaristica si pregusti l'esultanza pasquale della Veglia stessa.
Inoltre la celebrazione della Passione del Signore o delle Palme rappresenta essa stessa la sintesi dell'intero triduo pasquale con la contemplazione del Cristo pasquale nella lettura veterotestamentaria ( Is 50,4-7) e nell'inno cristologico della lettera ai Filippesi (2,6-11). La stessa narrazione della passione del Signore secondo i tre sinottici parte globalmente dal racconto dell'ultima cena perché è qui che sacramentalmente si dà la verità della narrazione della passione del divin Maestro.
La vitalità liturgica del mistero pasquale
La pasqua liturgica, che la chiesa annualmente celebra rappresenta il memoriale del passaggio da questo mondo al Padre, caro alla teologia giovannea. In essa ritroviamo il filo conduttore dell'intero processo storico-salvifico e del cammino di sequela che caratterizza ogni cristiano. Il mistero pasquale nel Triduo sacro è una celebrazione sintetica nel senso tutti gli avvenimenti pasquali sono celebrati insieme nella loro dialettica di morte, sepoltura,risurrezione, come un solo mistero che viene contemplato nell'unico protagonista: l'Agnello immolato e ritto in piedi dell'Apocalisse ( cfr Apoc 5,6), che si svolge celebrativamente in tre momenti.
Nel triduo sacro noi "rivediamo"la grande scena della liturgia domenicale antica ( cfr Apoc 1,17-18). In lui, vivente tra noi, ritroviamo in un clima orante e adorante la nostra dignità e siamo stimolati a compiere le opere del Signore nella luce della pienezza della Gerusalemme celeste. Le solennità del Triduo fanno sì che quell'avvenimento passato diventi evento oggi per qualificare la comunità cristiana in cammino nel tempo, in una perenne fecondità dell'esodo biblico. Quando la comunità, a livello celebrativo, si colloca in un contesto essenzialmente teologale e utilizza il linguaggio del memoriale, la celebrazione coinvolge e attira tutta la personalità dei fedeli verso l'evento di cui il Cristo glorioso rappresenta il grande protagonista. In tal modo le cadenze celebrative accompagnano con le loro caratteristiche celebrativo-mistagogiche la comunità stessa e ogni suo membro verso la maturità del Cristo ( cfr Ef 4,13). La dinamica rituale, biblica ed orante di ogni celebrazione del Triduo forma, alimenta, perfeziona il cristiano; fa rivivere l'azione salvifica e redentrice del Padre in Cristo e nello Spirito Santo e modella la nostra personalità cristiana, facendola sviluppare in tutte le sue componenti, perché l'intera nostra esistenza possa essere una glorificazione trinitaria. Nella struttura della celebrazione e nei linguaggi che la definiscono si crea un'armoniosa fusione degli eventi liturgici, degli enunciati dottrinali, degli impegni morali e di riflesso di ogni atto rituale.
Un simile ineffabile processo di unificazione, nel quale noi cresciamo come tempio del Signore, si costruisce nel succedersi degli eventi celebrati nello scorrere del tempo, secondo la legge della ripetitività propria dell'azione liturgica. Il compimento di questo itinerario sacramentale avverrà nella piena maturità della fede e della visione della gloria. La preghiera, la parola di Dio, il linguaggio celebrativo in tutte le sue forme ed espressioni sono luoghi in cui ci è offerta e al tempo stesso si esprime la fede pasquale, e in cui ognuno di noi sacramentalmente risponde nella vitalità esuberante dello Spirito per poter essere il volto divino del Cristo.
Conclusione
L'assemblea liturgica nel Triduo è condotta a vivere il mistero del cammino pasquale con Cristo che va verso la croce, condividendo in lui la morte nella morte in una animazione di vittoria sulla morte stessa, poiché la celebrazione è tutta animata dallo Spirito della Risurrezione. La comunità cristiana fa proprio il tracciato esistenziale di Cristo, in una meravigliosa fusione di fede (cfr Gv 5,24) e di mistero celebrato, vivendo sacramentalmente in lui la sua pasqua. Nel crescendo celebrativo, alla luce della sintesi innica di Fil 2,6-11 e dell'inno pasquale caro alla liturgia cristiana del salmo 117,24 ("Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo"), cogliamo l'unità del dono delle celebrazioni pasquali e riviviamo il nucleo essenziale del kerigma apostolico ( cfr la successione dei responsori brevi nella celebrazione di compieta dalla sera del giovedì santo alla sera della domenica di pasqua di risurrezione). Vivendo con Gesù l'ora del Padre nella dinamica dell'eucaristia del Giovedì e nella successione del Triduo pasquale sentiamo zampillare in noi l'energia della vita nuova che Gesù ha portato all'umanità, percepiamo d'essere in lui una realtà sola ( cfr Gal 2,19-20) e nella comunione esistenziale della Pasqua avvertiamo un processo si progressiva trasfigurazione (cfr Fil 3,19). E' il crescere nella gioia che il mondo non conosce e che il Risorto in modo ineffabile ci comunica ogni volta che nella celebrazione eucaristia riviviamo quel triduo sacro che offre l'ebbrezza della fede, per essere autentici testimoni di Colui che è risorto dai morti per dare alle luce cieli nuovi e terra nuova.